Mi presento: Il mio nome è Strauss.
Terzo racconto: Una volta avevo una casa, ora ho un giardino (2001)
Quando ancora non era arrivato Black e a casa ero l’unico quattro zampe, dormivo sempre con un due piedi di nome Matteo.
Mi piaceva dormire con lui, perché puzzava come quando ho l’otite. Ed erano proprio i suoi piedi a puzzare.
Voglio dirvi anche un’altra cosa di me.
Mangio tutto, anche le mele e mamma dice che non ha mai visto un cane mangiare la frutta come faccio io.
Lo so di essere speciale!
Mi presento: il mio nome è Strauss. Terzo racconto
Black
Dicevo, poi è arrivato Black e lui dormiva sempre fuori, così il due piedi che dorme con mamma, ha messo fuori anche me e ha detto che devo capire che sono un cane e non un bambino.
Ho sofferto tanto, ho pianto. A me stare con Black non piaceva perché non era caldo e buono come Matteo.
E poi, con Matteo sognavo solo cose belle; con Black avevo gli incubi. Mi sentivo come quando mi avevano lasciato solo, però sapevo che non potevo piangere e così mi lamentavo piano.
Allora mamma mi chiamava e mi diceva di dormire. Pensavo a lei e mi addormentavo, anche perché mi aveva dato una sua felpa.
Ora non ho più paura di dormire fuori e il due piedi-papà mi ha costruito una casetta e mi ha detto:
Questa cuccia è per te.
Io lì non ci metto zampa, dormo davanti alla porta sopra la felpa di mamma e continuo a sognare la cuccia calda di Matteo.
Con Mimì non litigo mai, neanche per mangiare.
Invece quest’altro che si chiama Black-Max cerca di divorare tutto.
Ma ormai ho una certa esperienza e non mi lascio fregare. E’ più antipatico di quell’altro Black e nemmeno a Mimì piace così gli graffia il muso.
Mi presento Il mio nome è Strauss: Terzo racconto
Il giardino
Qui, il giardino è grande. Abbiamo una nuova casa. Mamma ha detto che non vuole problemi con i vicini perché io piango quando sto solo. E così siamo andati via dalla casa dove quella signora mi chiamava Mozarte. Però ora ho imparato a stare solo.
Ci sono gli alberi che odorano di me, tutto ormai odora di me.
Quando mamma va via, mi metto sul muretto e non mi muovo da lì, finché non torna.
Sento il rumore della sua auto e allora salto e cerco di aprire il cancello. Non ci riesco mai.
A me piace quando arriva con i sacchetti pieni di cose da mangiare e lei mi dice tutte quelle parole belle.
Mi ringrazia perché sa che sono stato lì ad aspettarla.
Grazie per aver letto questo racconto.
Buona vita, abbi cura di te
Emily