Racconti

Biella la donna che parlava con Gisella

Biella la donna che parlava con Gisella.

(Toh, ho fatto una rima!)

Racconto breve

Palestrina (Roma), 2009

Chi è Biella

Sembrava che fosse rimasta sola. Proprio sola. Le dicevano che era un orso. E si era divertita a farlo credere. Ora parlava a se stessa come se parlasse ad un’altra.
Credeva di essere due. Almeno qualcuno sapeva di essere due. C’era chi non sapeva nemmeno di essere.

Bene.
Cominciava sempre così la giornata. Sì, perché le piaceva cominciare la giornata in questo modo.
Dopotutto era sempre un bene poter cominciare qualcosa.
Certo, perché c’era chi non si meravigliava più di niente.
Nemmeno del giorno che nasceva e finiva, del tempo che trascorreva, delle mani che si muovevano o degli occhi che potevano vedere, dei profumi che si potevano sentire…
Sembrava tutto scontato, come una specie di abitudine del vivere.

Biella e il calesse



Da tempo, Biella aveva comprato un calessino. Si era detta che in quei tempi, andare in giro con un piccolo calesse, sarebbe stato interessante. Chiaro, aveva anche l’automobile.
Però, quell’auto, le era costata già troppo.
Da tempo poi andava in giro con l’assicurazione scaduta.
L’aveva anche contraffatta. C’era scritto che scadeva a marzo e il tre, con cura, era diventato un otto. Poi, s’era giunti alla fine dell’anno e non si poteva cambiare altro.
Quindi, meglio lasciar perdere.
Rischiare tanto per rischiare, non valeva proprio la pena.
Per questo, aveva scelto il calesse.

Fuori moda?


Fuori moda.
Così s’era detta e, le mode le inventiamo noi. Si inventano e disinventano.

Il calesse. Un carretto, ecco cosa era.
Un carretto con le ruote arancioni e bianche. C’erano anche altri colori sul carretto, come il verdino, un po’ di giallo e anche qualche grande fiore colorato.
Gisella era la cavallina che tirava il carretto.
Ultimamente, Biella parlava un po’ meno con Gisella.

La casella postale



Oh, toh, ho fatto una rima.
Però sempre ci parlava. Ed era convinta che fosse l’unica a capirla.
Quel giorno, aveva deciso di andare all’ufficio postale.

Ma tu guarda, Gisella. Dimmi un poco se una casella postale da 35 euro deve passare a 100 euro. Questi della posta sono diventati matti.
Tu che dici, perché l’hanno fatto?
Pausa.
Certo, deve essere così. Non hanno voglia di lavorare.
Un’altra pausa.
Ti ricordi quella mattina?
Sì, quella dello scorso anno.
Ferma che te la ricordo.
E fermava Gisella perché la potesse udire meglio.

Senti. Ero andata alla posta per pagare la luce. C’ero andata presto. Tipo, dopo le otto.
Arrivo e stranamente non c’era nessuno. Così penso che avrei fatto in fretta.
Pausa.
Ora che ricordo bene, c’era solo un signore davanti a me e così presi lo stesso il numeretto perché quelli sono strani forte.



Biella
Non ha preso il numeretto?
Bisogna prenderlo.


Lo sai no che dicono così.
Pausa.
Appunto, sai come fanno.
Aspetta che ti racconto bene. Scendo così ti dico.

Biella scese dal calesse.

Dunque, ho preso il numeretto. Il signore davanti a me finisce e se ne va. Immagina la scena, come se la vedessi ora. Ascolta. C’è una tipa allo sportello ma non chiama il numero successivo. Sta trafficando con qualcosa.
Aspetto. Poi arriva un altro impiegato della posta, si siede e anche lui si mette a trafficare con alcuni bollettini da pagare.
Penso che siano suoi o forse ci sono amici suoi che gli danno i bollettini da pagare. Vai a sapere.
Finalmente chiamano il mio numero.
Do il bollettino alla tizia e indovina? Dai indovina?
Pausa.
Le squilla il telefonino e si mette a chiacchierare. Poi si alza e se ne va.
A quel punto mi arrabbio ma mi arrabbio proprio sul serio.
E il tizio dall’altra postazione che si stava facendo gli affari suoi o di chi non so, mi dice ad alta voce:
Non c’è bisogno di arrabbiarsi tanto. Aspetti.

All’ufficio postale



Alla fine sono passata pure per maleducata.
Però tu sai come la penso. Certo, alle poste c’è tanta gente imbucata. Sì, proprio come una lettera.
Eh, t’è piaciuta? Al ministero delle poste, la gente può essere solo imbucata.
Che hai detto?

Pausa.
Questa è bella. Al ministero dell’ambiente, ambientata. Senti, senti.
Vuoi sapere dove stavano gli altri?

Pausa.
Chi era uscito per far la spesa al mercato della frutta, chi stava sul retro a prendersi il caffè, a ridere, a chiacchierare e a mangiare la fetta di panettone. Non c’era nessuno. In pratica era come se non ci fosse nessuno. Che schifo.
Ho impiegato più di trenta minuti per un bollettino, in una mattina in cui non c’era fila e a nessuno andava di lavorare. E questo è vero. E poi mi dicono che sono strana. Io. Strana.

Pausa.
Ecco, appunto. Ora mi vedo aumentare la casella postale da 35 a 100 euro.
Ma capperi andati a male. Questi stanno fuori come balconi. Non solo sono stata costretta a prendere una casella postale perché mi mandavano persa la posta.
No, non bastava solo questo.

Almeno ci proviamo!


Biella risale sul carretto.
Aspetta prima di muoverti che finisco di parlare. Gisella mia! Ma quale secondo millennio, terzo millennio.
Sì, prima di Cristo. Però avanti, avanti.
Ferma non ce l’ho con te. Volevo dire avanti nel senso di indietro.
Ferma, non devi andare né avanti né indietro.
Dicevo nel senso prima di Cristo, fino ai dinosauri!
Dai, Gisella, ora andiamo.

Pausa.
Sì, avanti, avanti. Almeno ci proviamo.

Buona vita
Emily

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1 Comment

  1. Leonardo says:

    Sembra di vedere le scene un bel racconto

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