Romanzo Fantasy di Rebecca Bannò, 2005
XIII Capitolo
Cambio programma
Scendeva le scale molto lentamente. Guardava spesso verso la porta
del tempio. Si fermava e poi riprendeva a scendere. Pensava a Nelesa. Se solo avesse potuto rimanere nel tempio!
Ma il dovere lo chiamava.
Arrivò a scendere l’ultimo scalino; i suoi compagni non c’erano più.
Era rimasto così a lungo all’interno del tempio?
Si guardò intorno. Argento era ancora lì, ad attenderlo.
«Sei rimasto solo tu amico mio! Hai fame?!», disse cercando del cibo per il cavallo all’interno dello zaino. Argento in tutta risposta mandò un nitrito.
«Chissà quanto tempo ho trascorso all’interno del tempio… E’ ora di riprendere il viaggio. Forza Argento, in marcia!», Kéndall salì in groppa all’animale.
«Aspetta! Vuoi andare via senza di me?», disse una voce.
Il cavaliere Immacolato del Vento si voltò. Vide qualcuno, coperto da un mantello, avanzare verso di lui.
«Chi siete cavaliere?», domandò Kéndall scendendo da cavallo e portando la mano sull’elsa della spada.
«Fermo… Non voglio battermi», rispose lo straniero.
«Allora identificatevi!»
Lo sconosciuto si scoprì il volto. I capelli castani cadevano sul viso della giovane. Gli occhi stanchi sorridevano a Kéndall.
«Sono sempre la benvenuta?!», disse.
«Ecra… – mormorò – Cosa ti hanno fatto?»
Il cavaliere Immacolato si avvicinò all’amica, e con il dito disegnò la cicatrice che percorreva la guancia di Ecra, che emise un grido soffocato.
«Non è nulla, non ti preoccupare», rispose la ragazza togliendo la mano di Kéndall.
«Mi spiace tanto…»
«Non è colpa tua Kéndall. Hai superato la prova nel tempio del Vento?!»
«A pieni voti, guarda qui – disse il giovane mostrando la spada- È davvero bella!»
«Già, e questo?», chiese Ecra indicando l’amuleto azzurro.
«Questo? Non lo so… sono uscito e ce l’avevo al collo», iniziò a balbettare Kéndall.
«Sai a chi appartiene questo?! È l’amuleto della signora dei draghi; Nelesa la dea della terra. Cosa hai combinato lì dentro?», chiese la giovane con un debole sorriso sul viso.
«Ecco io… niente di particolare… veramente».
«Ti stai cacciando in un bel guaio! Kéndall ho bisogno che tu mi faccia un favore, lasciami riposare qualche ora prima di ripartire».
«Permesso concesso, ma al tuo risveglio mi racconterai tutto».
«Sei incorregibile, ma va bene. Ora posso riposare?».
Kéndall annuì. Ecra si coprì con il mantello e si addormentò. Il cavaliere Immacolao del Vento si voltò verso il tempio azzurro e rimase a guardarlo, stringendo l’amuleto nella mano.
Era giunta ormai la sera; Kéndall svegliò l’amica e si rimisero subito in marcia.
Erano entrambi in groppa ad Argento, che cavalcava verso Nord.
«Inganniamo il tempo Ecra? Racconta!».
Il cavaliere Immacolato dell’Acqua sospirò.
«Dopo che venni rapita, mi portarono in un castello. Credevo che si trattasse del castello nero, ma non era così. Mi trovavo nelle terre di Andros; il re di quel palazzo è un seguace del signore Oscuro. Comunque venni rinchiusa nelle prigioni sotterranee, è stato lì che mi sono messa in contatto con te».
«Questo non mi interessa; mi devi raccontare come ti sei procurata la cicatrice».
Ecra sfiorò la sua ferita e sorrise tristemente.
«Anch’io dovevo superare la mia prova nel tempio dell’Acqua. Bè, non è stato proprio facile… Dovevo perdonare e non ci sono riuscita».
«Chi dovevi perdonare?»
«Il re del Reame delle terre Azzurre, dovevo perdonare la sua colpa, dovevo perdonare il suo peccato. Non ho potuto. Non sono ancora pronta… Il drago dell’Acqua mi ha punito per il mio fallimento. Ho tentato due volte, ma due volte ho fallito.
Non credo che potrò diventare un cavaliere Immacolato».
Non dire così, vedrai che riuscirai a perdonare il tuo re, qualsiasi sia la sua colpa».
«È impossibile. Perché la signora dei draghi ha scelto me e mi ha chiamata come cavaliere Immacolato? Domanda alla tua amata perché proprio io?!»
«Ora calmati Ecra…».
La giovane scoppiò in lacrime.
«Prima la maledizione – iniziò a dire – Poi costretta a vedere mia sorella…», si bloccò.
«Sta tranquilla, tranquilla. Si risolverà tutto».
Ecra cinse la vita di Kèndall con le braccia, posò il capo contro la schiena prima di immergersi, nuovamente, nel mondo dei sogni. Quando riaprì gli occhi era notte fonda, Kéndall riusciva a stento a rimanere sveglio.
«Fermiamoci; sei stanco?!», disse Ecra.
Il giovane annuì, e s’accostarono sotto un albero.
«Hai fame?», chiese Kéndall.
«No, ho bisogno di pensare. Puoi dormire se ne hai bisogno, io ho riposato a sufficienza».
«D’accordo. Grazie e buona notte».
Si sdraiò sul mantello e chiuse gli occhi.
Ecra fissava il vuoto; rifletteva su quello che le era capitato, cercando di trovare una risposta a tutte le domande che si facevano spazio nella sua mente.
«Ecra?! -disse d’un tratto Kéndall- Posso farti una domanda?».
«Certo, dimmi!».
«Una volta, ti sei messa in contatto con me telepaticamente. Quella volta dovevi dirmi una cosa importante, anche se il momento non era adatto. Di che cosa si trattava?»
«Niente di particolare. Non ha più importanza ormai».
«Capisco», disse Kéndall.
«Buona notte!», esclamò Ecra ritornando ad immergersi nei suoi pensieri.
«Notte…», mormorò il giovane.
Kéndall si svegliò all’alba. Ecra non aveva chiuso occhio. Era lì ferma che guardava il suo amico. Un sorriso malinconico stampato sul viso.
«Buongiorno», la salutò il ragazzo.
«Perché lo hai fatto?», chiese il cavaliere Immacolato dell’Acqua tornando ad essere seria.
«Fatto cosa?».
«Perché hai cambiato rotta? Conosco questi luoghi fin troppo bene, stiamo andando verso Sud».
«Hai ragione, ma l’ho fatto per te. Come potrai diventare un cavaliere Immacolato se non superi la prova che ti aspetta nel tempio dell’Acqua?».
«Non posso riuscire… Non riesco a perdonare… Ma tu che ne puoi sapere? Non puoi capire!»
«Capire cosa? Perché non riesci a perdonare? Cosa è accaduto?».
«Ti ho mentito Kéndall, mi spiace», disse d’un tratto Ecra abbassando lo sguardo.
«Riguardo a che cosa mi hai mentito?».
«Questa cicatrice non me l’ha fatta il drago dell’Acqua; non mi farebbe mai del male».
Kéndall s’avvicinò alla giovane, posò le sue mani sulle spalle della ragazza e la guardò negli occhi.
«La verità Ecra! Cosa ti è accaduto?», chiese.
La giovane si lasciò cadere a terra, si coprì il viso.
«Iemon mi ha raccontato di averti rivelato ciò che le accadde nella terra del Sud – Kéndall annuì – La figlia del re venne uccisa dal principe delle terre di Andros, Bregael…»
«Bregael hai detto? Quel Bregael?».
«Cosa stai mormorando?! Conosci Bregael?».
«Ho conosciuto un giovane che portava quel nome, ma non credo che sia la stessa persona, anche se… mi confessò di aver commesso molti crimini, di essere stato un seguace del signore Oscuro».
«Tu hai conosciuto quel mostro?! Dov’è Kéndall? Dimmi dove si trova!».
«Ora calmati, sono mesi che non lo vedo. L’ho conusciuto qualche giorno prima che partissi da Mukrum. Ma cosa c’entra lui con la storia che mi stavi raccontando?».
«Mia sorella ti ha detto che una volta Bregael le ha risparmiato la vita e così, era in debito con lui, anche se si trattava di un nemico… Un giorno quel mostro tornò, chiedendo aiuto a Iemon. Cercava una donna che era fuggita nella terra del Sud; mia sorella si trovò costretta ad aiutarlo per riscattare il suo debito. La donna che cercava era sua madre, esiliata dalle terre di Andros dallo stesso Breag. Purtroppo il caso volle che Lenè, la madre di Bregael, era la nuova moglie di mio padre.
Non so come, ma il re del Reame delle terre Azzurre lo venne a sapere. Fece rinchiudere Lenè e Iemon nelle prigioni del suo castello.
Bregael, invece, riuscì a fuggire in tempo». Ecra si bloccò e guardò il cielo.
«Se non vuoi più parlarne possiamo anche smettere. Riprendiamo il nostro viaggio, verso la terra del Nord questa volta! D’accordo?».
«No, si può cambiare programma una volta sola. Andiamo verso
Sud!».
Kéndall sorrise; raccolse il suo zaino e quello di Ecra, aiutò l’amica a rialzarsi, rimontarono a cavallo e ripresero il loro cammino.
Silenziosi, pensavano alle difficoltà che dovevano ancora affrontare.
Ormai l’incontro con il signore Oscuro era vicino.
«Come faremo a ritrovarci di nuovo tutti?», domandò Kéndall.
«Non so; comunque ognuno di noi ha lo stesso obiettivo, giusto?».
«Ecra – mormorò d’un tratto il cavaliere Immacolato del Vento – Il giorno in cui i Cacciatori ti catturarono… raccontai al resto del gruppo della tua maledizione».
«Capisco… E Iemon come l’ha presa?»
«Ne ha sofferto molto e purtroppo ne soffre ancora adesso», rispose Kéndall.
«Decisero di giustiziare entrambe le donne – riprese all’improvviso a raccontare – Costrinsero mio padre e me ad assistere allo spettacolo.
Ma io dovevo fare qualcosa, non potevo rimanere ferma a guardare, non lo avrei sopportato. Allora mi organizzai. Non potevo morire, per cui potevo riuscire nel mio intento. Potevo salvare Lenè e Iemon; dovevo salvarle.
Mi feci strada tra la gente venuta ad assistere allo spettacolo; il cuore mi batteva all’impazzata, sentivo mio padre chiamarmi, mi urlava di fermarmi; pensai che ormai era troppo tardi per tirarsi indietro. Uccisi prima una, poi due, tre, quattro guardie reali. Mio padre tra la folla continuava a dirmi di smetterla; tra la gente si era creata confusione.
Urlavano e si spingevano… Vedevo mia sorella, dovevo raggiungerla; finalmente libera. Le ho comandato di fuggire, di andare via dalla terra del Sud e lei ha obbedito; correva con le lacrime agli occhi… I miei ricordi e i miei pensieri fuggivano insieme a lei… Solo qualche secondo più tardi ho pensato a Lenè.
Dovevo salvare anche lei… Ho cercato, lo giuro… ho provato… il giustiziere aveva capito le mie intenzioni, è stato più veloce di me. Le mie gambe non mi hanno più retto quando ho veduto la testa di Lenè rotolare a terra… Non aveva chiesto nemmeno giustizia, era rimasta silenziosa come una bambina ignara.
Improvvisamente la lama di una spada mi lacerò il petto.
Quando mi sveglai ero debole, immersa in una pozza di sangue con mani e piedi legati. Ero su un carro, mi stavano conducendo chissà dove… Quel giorno qualcuno mi salvò… il cavaliere sconosciuto mi tenne sotto la sua “ala protettrice” per qualche giorno; da allora non lo ho più rivisto; non so neanche chi fosse… non volle rivelarmi il suo nome…».
«Mi spiace per quello che ti è accaduto Ecra! Che cosa ne fu di tuo padre?», chiese Kéndall.
«Lo lasciarono libero, ma lo cacciarono dal posto di consigliere del Sud. D’allora, Blader Mar non è più nessuno; tranne che un traditore per la gente e il druido più grande mai esistito e il migliore padre per me e Iemon…».
«E la cicatrice?», domandò il ragazzo.
«Non ti ho mentito del tutto. Sono andata veramente nel tempio dell’Acqua, per riuscire a superare la prova che mi aspettava.
Dovevo perdonare il re del Reame delle terre Azzurre e Bregael. Una prova piuttosto difficile… Chiesi al drago protettore qualche giorno per meditare e mi accontentò. Rimasi circa tre giorni all’interno del tempio a riflettere; senza mangiare. Solo acqua e pensieri. Udivo i miei passi riecheggiare nel tempio, in quel momento avevo bisogno d’aiuto, ma a chi potevo rivolgermi?
Finalmente ritornaì al cospetto del drago. Avevo lo sguardo deciso, la mia testardaggine ebbe di nuovo la meglio. Ho sguainato la spada…
Ho urlato al drago di guardarmi, gli ho spiegato che il giorno in cui la maledizione piombò su di me persi tutto, che avevo visto mia sorella fuggire, Lenè morire e a mio padre spezzarsi il cuore. Il drago mi ha intimato di non farlo, ma io ho avvicinato la lama della spada al mio viso e gli ho detto che se mai questa cicatrice scomparirà io sarò pronta a perdonare quei mostri. Sappiamo entrambi che le cicatrici restano a vita!»
Kéndall toccò la ferita di Ecra.
«Sono sicuro che con questa sarà diverso», disse.
«Chissà…», mormorò la giovane.
«Ecra guarda. Quello è il mare…»
«Sì, siamo quasi giunti a destinazione».
Il mare azzurro si stendeva maestoso di fronte a loro, così bello e pieno di sorprese.
Kéndall guardava il sole rosso all’orizzonte.
Ecra ripensava a quello che aveva raccontato al cavaliere Immacolato del Vento. Si era dimenticata di quel giovane che l’aveva salvata allora…
Chissà chi era?